Ho superato i colloqui sostenuti grazie ad un elemento presente nel mio curriculum che si è rivelato vincente sia per un’azienda che si occupa di formazione finanziata, che per la scuola, parificata e pubblica.
L’elemento vincente non era la laurea magistrale con lode, né i master o i corsi di perfezionamento, bensì il mio essere scout. Amministratore delegato, responsabile delle risorse umane, preside salesiano, dirigente scolastico, tutti hanno riconosciuto che il mio essere scout poteva fare la differenza nel mondo del lavoro.

Perché? Evidentemente perché anche in una città del sud Italia, paese notoriamente arretrato sotto diversi punti di vista, essere scout significa aver sviluppato una serie di competenze spendibili nel mondo del lavoro!
Innanzitutto essere scout significa saper stare con gli altri, fare squadra, lavorare tutti – nonostante le differenze caratteriali e culturali, simpatie e antipatie – per un obiettivo comune. Oggi per ottenere risultati del genere bisogna seguire dei corsi di team building!
Grazie all’esperienza scout, ho sperimentato l’arte di mediare: arrivando a compromessi e negoziazioni.

Come? Bisogna imparare ad utilizzare opportunamente la dialettica che è l’arte di saper bene parlare non per persuadere gli altri ma per dimostrare le proprie ragioni…essendo poi capace di metterle in discussione, ascoltando gli altri e trovare un accordo per il bene comune. Essere scout significa essere una persona affidabile e responsabile, perché la parola di uno scout è sacra. Questo è un valore che non ha pari, nel mondo del lavoro come nella vita in generale. Attualmente nel mondo del lavoro e dell’associazionismo (ma anche tra amici) si danno scadenze “finte” immaginando già che non saranno rispettate, quindi si fissano appositamente scadenze prima del termine vero. Uno scout, la cui parola è appunto sacra, rispetterà anche la scadenza “finta” perché crede negli impegni che si assume e li rispetta per se stesso e per gli altri.


L’esperienza scout ha affinato un’altra dote che in parte possedevo già: saper parlare in pubblico, competenza necessaria in molti tipi di lavoro. Gli scout devono imparare a farlo, sostengono quotidianamente riunioni: con i propri ragazzi, con i loro genitori, col gruppo di pari; a livello locale, regionale, nazionale. Collegata alla precedente, essere scout significa aver sviluppato anche un’altra competenza: saper partecipare e condurre una riunione. Uno scout vive di riunioni (pane quotidiano di moltissimi lavori), quindi sa arrivare preparato a quel momento, sapendo ascoltare e capendo quando e come intervenire. Oltre a saper partecipare attivamente ad una riunione, uno scout sa anche come condurre una riunione: manda ai suoi collaboratori, per tempo, l’ordine
del giorno, specificando i tempi di trattazione per ogni argomento e sapendo allungarli in loco, se necessario; sa che è importante essere sintetici, ma chiari, comprensivi ma fermi. Sa che deve essere di esempio per cui arriva sempre puntuale ed è corretto nel linguaggio come nelle azioni. Lo ha imparato avendo addosso gli occhi dei più piccoli di cui è, o è stato, educatore ed esempio. Uno scout sa fare un programma e rispettarlo. Ha imparato ad analizzare la situazione, fissare di conseguenza degli obiettivi veri, stabilire delle azioni progressive per raggiungere tali obiettivi e saperli verificare in modo oggettivo. Tutte queste competenze che uno scout sviluppa, già da quando è piccolo e che poi affina nel suo essere un educatore diretto o indiretto, sono quelle richieste nel mondo del lavoro. Credo che alla base di molti lavori, le competenze necessarie e trasversali richieste siano “capacità comunicazione e relazione”. Modulo di formazione obbligatoria nella maggior parte dei casi e di cui ho usufruito e che poi ho “somministrato” e, credetemi, riguardo a molte delle competenze di cui ho scritto, anche solo un fine settimana scout, vale molto di più di una formazione aziendale!

Nel mondo del lavoro, come in quello scout, sentirete spesso parlare di sapere, saper fare, sapere essere. La mia personale esperienza mi ha sempre suggerito che la base di tutto è il sapere essere. È su quello che poi si costruiscono le conoscenze e le competenze. Si possono sapere e saper fare tante cose, ma esse acquistano valore quando ad esprimerle c’è una persona che non le utilizza per il caso specifico, non le indossa come il bel vestito che toglie dopo una serata o l’uniforme dopo l’attività: conoscenze e competenze devono far parte del proprio essere. Ho conosciuto tanti scout così: quindi bravi educatori, bravi lavoratori, bravi cittadini! Lo scoutismo forma persone così perché consente loro di vivere determinati valori (da cui scaturiscono delle competenze) e nel mondo attuale ce n’è urgente bisogno!

 

Camilla Maggiore